Addio Sergio Bonelli


27 settembre 2011
Sergio Bonelli, deceduto ieri a Monza all’età di 78 anni è stato l’editore di fumetti italiani per antonomasia. Ne rappresentava la storia, la specificità imprenditoriale, la creatività, i successi. E questo anche perché, nel mondo delle vignette in sequenza, era nato e poi alimentato di passione per i personaggi e gli autori. Suo padre, Gian Luigi Bonelli, inventò innumerevoli eroi di carta, fra i quali l’immarcescibile Tex Willer, mentre Tea, sua madre, nel 1941, trasformò l’appartamento di due locali in cui viveva, in un casa editrice, piccola, ma battagliera, che, appropriatamente, intitolò “Audace”. All’epoca Sergio Bonelli ha nove anni, ma già partecipa alla vita della redazione, dapprima avendo fra il privilegio di frequentare i disegnatori più rappresentativi dell’epoca – da Aurelio Galleppini a Rino Albertarelli – successivamente, durante il ginnasio, svolgendo le più varie mansioni, dal titolista allo spedizioniere, fino a rispondere alle lettere dei lettori, infine assumendo, a trent’anni, la qualifica di direttore responsabile. Già alla fine degli anni Cinquanta, inizia a tradurre storie in lingua spagnola, e debutta nel ruolo di sceneggiatore, creando le avventure di “Un ragazzo nel Far West”, dove, per la prima volta usa il nom de plume di Guido Nolitta, in modo di non essere confuso con il celeberrimo Gian Luigi Bonelli. “Mio padre – ci dichiarò in un’intervista di dieci anni fa – aveva (giustificatamente) ben poca considerazione del mio futuro letterario, e non fece proprio nulla per incoraggiarmi, pensando che io, tutto sommato, potessi accontentarmi del mio ruolo di editore”.
Nonostante la diffidenza paterna, Sergio Bonelli diventò scrittore di fumetti e anche in questa attività raggiunse notevole fama. Tutto inizia nel 1961 quando, con il disegnatore Gallieno Ferri, da vita a Zagor, lo Spirito con la Scure, un personaggio in cui egli sapientemente amalgama le convenzioni avventurose legate al selvaggio ovest americano, con l’umorismo, interpretato da Cico, suo inseparabile compagno, con esibizioni atletiche degne di Tarzan, e, addirittura, con situazioni inedite aperte sulla dimensione dell’esoterismo, della magia, e addirittura, della fantascienza.
Sul finire degli anni sessanta, l’editore Sergio Bonelli inizia a mettere in cantiere collane e serie che da una parte coinvolgono i migliori artisti italiani, dall’altra allargano e diversificano l’offerta dei generi. Via via pubblica la “Storia del West”, “I Protagonisti”, “Mister No” (altro suo personaggio: un aviatore che un po’ gli assomiglia e che vive nello scenario della foresta brasiliana), “Ken Parker” e l’elegante collana cartonata “Un Uomo un’Avventura” in cui egli seppe coinvolgere tutti i Maestri dei comics italiani: da Hugo Pratt, a Dino Battaglia, da Sergio Toppi a Gino D’Antonio, da Milo Manara a Guido Crepax, solo per citarne alcuni. Negli anni ottanta, la casa editrice che fino ad allora pubblicava una manciata di testate, diventa un fenomeno a cui tutto il mondo del fumetto guarda con stupore e ammirazione, imponendo un modello editoriale e grafico che assumerà il nome di “formato Bonelli”.
Bonelli edita “Martin Mystère”, le riviste d’avanguardia “Orient Express” e “Pilot”, raggiunge tirature di centinaia di migliaia di copie col fenomeno “Dylan Dog”, e di seguito “Nick Raider” (poliziesco che vede Guido Nolitta come autore dei testi), “Nathan Never” “Magico Vento” “Napoleone” “Julia”, fino ai recenti “Jan Dix”,“Caravan” “Volto Nascosto” con i quali il marchio Sergio Bonelli Editore ormai monopolizza ogni spazio espositivo delle edicole.
Egli era il Fumetto Italiano. Significava, nel nostro paese e non solo, illuminata professionalità, alta qualità dei prodotti, sia dal punto di vista grafico che da quello narrativo, rispetto nei confronti dei collaboratori, attenzione e vicinanza ai desideri dei lettori. “La Casa Editrice – spiegò nell’intervista precedentemente citata – non si è mai imbarcata in operazioni “mordi e fuggi”, messe in cantiere in quattro e quattr’otto, pur di sfruttare le mode del momento, ma ha sempre cercato di dare vita a collane solide e ben ponderate, che garantissero stabilità e quindi lavoro”.
Per assaporare le atmosfere in cui vivevano i propri personaggi amava i viaggi avventurosi che lo portarono nel “selvaggio west”, sui fiumi dell’Amazzonia, fra gli scenari del Polo Nord e del Sahara, ovunque ancora aleggino, liberi e selvaggi, i miti della fantasia e del sogno.
Gli appassionati veneti del fumetto ebbero molte volte l’occasione di incontrarlo e di apprezzarne disponibilità a parlare di fumetti e dei suoi “eroi”. Nel 1997 la prima edizione di Padova Fumetto gli venne completamente dedicata, con una mostra intitolata “Bonelliana” che occupò i luoghi più prestigiosi della città; a Treviso Comics era intervenuto molte volte. Nel 2003, alla penultima edizione, anche sperando di evitarne la chiusura, aveva contribuito con una mostra sull’opera di Gian Luigi Bonelli. Oggi, tutti coloro che in Italia leggono, scrivono, disegnano fumetti, si sentono un po’ orfani.