9 giugno 2015
IL CORRIERE DEI PICCOLI VA ALLA GUERRA

Negli stessi giorni in cui, cent'anni fa, l'Italia dichiarava guerra all'impero austro-ungarico, prendeva il via una capillare campagna propagandistica volta a rappresentare la contesa come il doveroso coronamento delle speranze risorgimentali, come uno strumento di liberazione e di purificazione, come una ineludibile necessità morale.
Tra le varie forme di comunicazione utilizzate per creare il consenso e coinvolgere emotivamente la popolazione, le immagini disegnate ebbero un ruolo fondamentale. 
Dai manifesti, veementi figure puntavano l'indice e lo sguardo ingiungendo l'arruolamento o la sottoscrizione del prestito alla Patria; le cartoline raffiguravano bandiere tricolori e soldati spavaldi in marcia per il fronte; nei giornali, erano le vignette satiriche (dove gli avversari venivano rappresentati in forme grottesche e caricaturali) a catturare l'attenzione dei lettori e a procurare liberatorie risate. I fumetti, in quel particolare contesto, ebbero un ruolo determinante. Ancor prima del 1918 - quando trovarono ospitalità anche nei “giornali di trincea”, voluti dal Comando Supremo per rincuorare i fanti in attesa della battaglia - fumetti concepiti per alimentare l'amor patrio nei giovani e creare entusiasmo di fronte all'epopea militare occupavano molte pagine del Corriere dei Piccoli, settimanale dei figli della piccola borghesia, fin da subito allineato - come il Corriere della Sera e la Domenica del Corriere - con le ragioni dell'interventismo.
Il Corrierino aveva chiamato a raccolta i suoi migliori artisti - in primis Attilio Mussino, famoso per le illustrazioni di Pinocchio, e Antonio Rubino, dallo stile ascrivibile al filone liberty, e poi Gustavo Rosso, Mario Mossa De Murtas, Guido Moroni Celsi - incaricandoli di creare nuovi personaggi, per lo più piccoli campioni di italiche virtù, discendenti diretti dei tamburini sardi e dei piccoli scrivani deamicisiani, resi protagonisti di storie in cui venivano enfatizzate le imprese vittoriose del regio esercito e nel contempo messe alla berlina le truppe avversarie assieme ai loro inetti comandanti. Così, per avallare la Guerra, sul palcoscenico delle vignette apparvero tanti inediti “eroi di carta”, accompagnati, come d'abitudine, da ottonari a rima baciata. Si chiamavano Schizzo, bimbetto che, emulando Little Nemo dell'americano Winsor McCay, si addormentava sognando di marciare insieme agli alpini o di affiancare il genarale Cadorna nel crepitar dei cannoni; Luca Takko, che non perdeva occasione per sbeffeggiare Bombardone, truce generale nemico; Italino, contadinello del Trentino, inventore di esilaranti scherzi ai danni dell'arciduca austriaco Otto Kartofel e della sua goffa figlia Kate; Abetino, soldato di legno, ma capace di sconfiggere, con l'acume, l'odioso esercito dell'imperatore Arcipiombo.
La produzione fumettistica del Corrierino tra il 1915 e il 1915 è diventata motivo di indagine storica, iconografica e critica da parte della coneglianese Camilla Peruch e della vittoriese Sonia Santin, entrambe laureate in Lettere a Cà Foscari, che assieme hanno realizzato un prezioso libretto intitolato ”Il Corriere dei Piccoli va alla guerra”. In 96 pagine, affollate di tavole a colori, le due ricercatrici ripercorrono la storia del settimanale dal 1908, quando debuttò, alla fine del conflitto, raccontando di fumetti e non solo, affiancando i pupazzetti prodotti della propaganda alla cronaca dolorosa e veritiera dei fatti, encomiando l'arte dei disegnatori, mettendo a nudo i travisamenti pedagogici e le formule vuote della retorica coeva. 
“Il Corriere dei Piccoli va alla guerra” (euro 12,00), pubblicato dall'editore Kellermann di Vittorio Veneto (nel cui catalogo sono presenti vari testi su eventi legati al primo conflitto mondiale) è stato utilizzato anche per accompagnare la mostra “1915-1918, il Corriere dei piccoli racconta...” allestita a Redipuglia durante lo scorso maggio e ora in procinto di diventare itinerante.