Riflessi


30 marzo 2006
di Marco Corona
Coconino Press, euro 9,oo


Quando posso, soprattutto se lo conosco personalmente, prima di scrivere a proposito di un fumetto, cerco di scambiare quattro chiacchiere con chi lo ha realizzato. L’intento è di fornire al lettore non solo le mie impressioni sull’opera, ma anche una testimonianza dell’autore, magari espressa attraverso un solo pensiero, una breve dichiarazione o un illuminante chiarimento. Con questo intento, dopo aver letto “Riflessi”, ho deciso di telefonare a Marco Corona, che non sento da almeno tre anni. Volevo anche comunicargli quanto la storia mi avesse emozionato per la scrittura grafica minuziosa (e addirittura pignola), attenta a documentare il fluttuante incedere dei sogni e dei ricordi. Poi gli avrei chiesto - dato che sul frontespizio dell’albo, oltre al titolo “Il canguro pugilatore”, è indicato “volume 1” e che l’interno è disseminato di indizi messi apposta per alimentare le attese - come e in quanti tomi intendesse sviluppare il materiale narrativo che si affaccia nelle vignette, suggestive, di “Riflessi”.
Purtroppo lo scambio di opinioni non è stato possibile: dalla signora che ha risposto al telefono, ho appreso che Marco non è in Italia, che tornerà fra qualche mese, che adesso è in America.
Non ho approfondito, ma credo sia tornato in Colombia per ritrovare gli ambienti e le persone che hanno ispirato “In mezzo, l’Atlantico” (libro di quasi cento pagine pubblicato nell’ottobre dello scorso anno, sempre da Coconino Press) e che lo stanno accompagnando nel più recente tratto della sua carriera artistica. Quel lavoro rappresentava uno scarto evidente dalle opere precedenti (penso a “Frida Kahlo, una biografia surreale”, “32 coups de toux”, “Cadavere Exquise”, “Bestiario padano”) nelle quali l’attenzione era rivolta a paesaggi fisici e umani irrisolti o corrotti, che il tratto nero e feroce esasperava fino alla caricatura. “In mezzo, l’Atlantico”, così come “Riflessi”, segna una evoluzione sia delle tematiche finora caratterizzanti la sua poetica, sia delle forme con le quali esse venivano illustrate. La sensazione è che, dopo aver descritto con precisione chirurgica l’alienazione sociale, ora lo sguardo voglia spaziare su una dimensione intima e privata, specifica della memoria, per ammantarla con inedito affetto.
Proprio in quel libro, nella sua premessa, ho trovato la dichiarazione, sintetica e chiara, che mi sarei aspettato da Marco Corona se avessi potuto parlare con lui a proposito di “Riflessi”. Un commento che mi sembra, anche in questo caso, calzante: “Dimenticatevi le cupe atmosfere del “Bestiario padano”…questa è tutta un’altra storia”.