L′Italia nel tunnel, vista da Altan


6 dicembre 2011

Occorre una frase folgorante, oltre a un disegno spietatamente caricaturale, per rendere memorabile una vignetta. E solo Francesco Tullio Altan (non per nulla il più geniale autore satirico italiano) riesce, sempre, a concepire e realizzare questa non facile alchimia.
In quasi quarant’anni di militanza sul versante dell’umorismo intelligente, le sua battute hanno, ogni volta, colpito il bersaglio, tanto da rimanere scolpite nella memoria, come citazioni alle quali ricorrere per definire il Bel Paese e i suoi abitanti.
Tanto tempo fa, ad una donnina nuda, solitaria protagonista di una sua inquadratura, fece dire: “L’italiano è un popolo straordinario. Mi piacerebbe tanto che fosse un popolo normale”.
Oggi, che la nazione sembra sprofondata in un inferno morale, economico, massmediatico dal quale non sarà facile riemergere, Altan continua a pungolare le coscienze, con la medesima sarcastica verve, consegnando alla recitazione dei suoi personaggi battute illuminanti, aforismi profetici, filosofiche constatazioni, stilettate verbali, metafore e paradossi che inducono alla risata e soprattutto smuovono le coscienze vigili.
Gli ultimi tre anni della nostra stagione politica e sociale, descritti dal suo acume critico, vengono ripercorsi nel volume “Tunnel” (Carlo Gallucci editore), che raccoglie vignette pubblicate su Repubblica e l’Espresso in quello stesso periodo.
Su tutte, anche quando è assente e magari neppure è citato, aleggia, l’ombra dell’uomo di Arcore.
Ritratto per la prima volta da Altan nel 1990, al fianco di Craxi e sotto a una didascalia che divenne celebre (oltre che profetica): “Sono come Re Mida. Tutto quello che toccano diventa loro”,
il Cavaliere Banana (alias Silvio Berlusconi) è, in “Tunnel”, protagonista assoluto di un intero capitolo dove recita battute clamorosamente sincere e pertinenti, tipo: “Non ho mai detto quello che ho detto, e se l’ho detto, ho travisato le mie parole”, oppure: “Anch’io ho una coscienza: me lo dicono i sondaggi.” e ancora, alla bella notizia che la Costituzione è ferita a morte: “Mandateci un telegramma di cordoglio alla famiglia.”
Impossibile non sbellicarsi dal ridere, anche perché, quando il Cavaliere non c’è, irrompono figure per nulla secondarie; servi e sudditi geneticamente predisposti a emulare il cinismo cialtrone di chi li comanda. Nessuno, dunque, risulta indenne.
Una casalinga rivela: “Mio marito va con le escort” e l’amica deve ammettere: “Troppo care per noi. Il mio va ancora a puttane”.
Il bimbo chiede: “Giochiamo al dottore?” e la compagna di giochi, già consapevole degli schemi del mondo: “Si, ma a scopo di lucro.”
Due preti dialogano: “E se provassimo a ragionare?“ propone uno, e subito l’altro: “Bravo. Così poi Dio ci sgrida.”
Insomma ce n’è per tutti, anche per la sinistra, poiché vige la par condicio.
La più recente tra le duecentosette vignette che gremiscono il volume, è stata pubblicata nel giugno scorso, quando quella parte politica, tra firme per il referendum e vittorie alle comunali, faceva il pieno di consensi. Mostra due uomini, ovviamente di sinistra dato il basco proletario d’ordinanza. Il primo esulta “Ci siamo svegliati!”; l’altro è costretto a riconoscere: “Merda. Adesso ci tocca fare qualcosa.”
Alla fine del libro, magari sorridendo, può capitare di chiedersi se, al posto dei Professori, dei Tecnici, degli Uomini del Vaticano e delle Banche, non basti la saggezza di un autore satirico come Altan per uscire dal tunnel in cui tutti noi siamo precipitati.