Jacovitti e il suo cow boy


3 dicembre 2007


Cocco Bill, mezzo secolo di risate western
Stampa Alternativa, euro 26


Dieci anni fa, il 3 dicembre 1997, il fumetto umoristico italiano perdeva il suo interprete più originale. Si chiamava Benito Jacovitti e dai lettori veniva affettuosamente chiamato Lisca di Pesce per l’inconfondibile ideogramma col quale siglava le sue tavole. Era nato a Termoli il 9 marzo del 1923, e nel 1939 si era trasferito a Firenze dove aveva iniziato l’attività di disegnatore realizzando spassose vignette per la rivista satirica “Brivido”. Nell’ottobre del 1940, a soli diciassette anni, già debutta sulle pagine de “Il Vittorioso” con il fumetto “Pippo e gli inglesi”, prima di una lunga serie di avventure interpretate da tre ragazzini - Pippo, Pertica e Palla - che subito diventano popolarissimi fra i loro coetanei in carne e ossa. Contemporaneamente, e sempre per il settimanale cattolico, Jacovitti da il via a una frenetica produzione di trame pirotecniche in cui il suo personalissimo segno grafico e la sua scatenata vis comica formulano un universo visuale assolutamente unico e imprevedibile. A ritmi oggi inconcepibili, inventa “paginoni” gremiti all’inverosimile di sketch surreali, di inedite onomatopee e assurdi neologismi, e concepisce una galleria di esilaranti figure come la signora Carlomagno, Oreste il guastafeste, Cip l’arcipoliziotto, il pestifero Zagar con cane Kilometro, Alonzo, Giacinto il corsaro dipinto, Alvaro il corsaro, Romero il torero, Ghigno il Maligno, Mandrago il mago, l’onorevole Tarzan, solo per citarne alcuni.
Inoltre i suoi disegni fanno la fortuna del “Diario Vitt” - dove mettono alla berlina insegnanti, compagni, bidelli e compiti in classe - e assicurano il successo del supplemento a fumetti che il quotidiano “Il Giorno” pubblica ogni giovedì a partire dal 28 marzo 1957.
Proprio sul primo numero de “Il Giorno dei Ragazzi” nasce Cocco Bill, certamente il personaggio più famoso e longevo tra quelli creati dalla sua vulcanica fantasia. Qui Jacovitti arriva a scardinare la tradizione realistica dell’avventura western demolendone sistematicamente i luoghi comuni a cominciare dal protagonista che al posto del whisky sorseggia camomilla, fino a Osusanna, immancabile maestrina stavolta bruttina e petulante, dai sudisti che si esprimono in napoletano ai destrieri ciarlieri e scansafatiche come l’inseparabile Trottalemme.
Mentre i successivi Tom Ficcanaso, Baby Tarallo, Baby Megaton, Elviro il vampiro, Zorry Kid, Jack Mandolino, pur se congegnati con l’abituale umorismo, non riescono a sopravvivere alla chiusura delle testate in cui apparvero, Cocco Bill continuerà a divertire i lettori emigrando dapprima sul Corriere dei Piccoli, poi sul Corriere dei Ragazzi, su Il Giornalino e sulla rivista Comic Art, così da inanellare, in trent’anni di scorribande per la prateria, più di novanta avventure e diventando testimonial per la pubblicità, protagonista di caroselli e di cartoni animati e, caso rarissimo nella storia del fumetto italiano, sopravvivendo al proprio creatore (segno di un fascino che supera i tempi e le mode) grazie a nuove avventure attualmente pubblicate su Il Giornalino e illustrate dal suo allievo, il chioggiotto (e padovano d’adozione) Luca Salvagno.
Per ricordare i dieci anni trascorsi dalla morte di Benito Jacovitti e celebrare i cinquanta di Cocco Bill, l’editrice Stampa Alternativa ha da pochi giorni distribuito in libreria il volume “Cocco Bill, mezzo secolo di risate western” che in oltre trecento pagine a colori ripropone nove racconti ripresi direttamente dalle tavole originali dell’autore, con ciò accrescendo sia l’importanza della proposta che il piacere della lettura.
Il libro si avvale di una introduzione firmata da Vincenzo Mollica ed è curato dal monselicense Gianni Brunoro, uno dei maggiori esperti del fumetto e da lunga data studioso dell’opera di Jacovitti tanto da aver curato, sempre per Stampa Alternativa, anche le precedenti antologie “Tom Ficcanaso, giornalista detective”, “Fantastorie” e “Jacovitti in giallo”. Acute e illuminanti, dunque, le note che aprono il libro e in cui Brunoro scandaglia ogni ambito dello stile del Maestro a partire dal disegno, sul quale dichiara “ci sarebbe da scrivere un intero trattato” fino alla caratteristica pienezza delle inquadrature “da Jacovitti giustificata come un suo horror vacui, per cui egli non riusciva a sopportare di lasciare in bianco il minimo spazio, nessun vuoto nelle vignette. E come se non bastasse, persino fra una vignetta e l’altra ci sono spesso delle figurette che sviluppano autonomamente una specie di sottotrama, con espressioni verbali di sapore surreale, sostenute da corrispondenti immagini assurde. Una rutilante inventività che, per esempio, nell’episodio “Cocco Bill nella foresta” si concretizza in una serie stupefacenti “antichi” proverbi pazzi, del tutto inventati e illustrati, ciascuno, dalla corrispondente figuretta. Tutte testimonianze di una creatività irrefrenabile, di una vulcanica fucina di scoppiettanti invenzioni, sia grafiche sia concettuali”.
Nessun miglior omaggio all’arte di Jacovitti, a dieci anni dalla sua scomparsa, di questo “Cocco Bill, mezzo secolo di risate western” che garantisce emozioni ancora freschissime e sincere risate. D’altronde il grande autore soleva dire “Vorrei che sulla mia tomba venisse scritto: Fui, sono e sarò un clown”.